Il Terzo Spazio

In un caldo pomeriggio di giugno ho appuntamento con Matteo nella sede dell’associazione Terzo Spazio, in via Santo Garovaglio a Como, per parlare della genesi di questo luogo emerso quasi dal nulla, a due passi dal Duomo. Ci sediamo su una poltrona vicino alla zona bar, mi offre un caffè e ci mettiamo comodi per l’intervista, con la promessa di essere presto raggiunti dai suoi genitori, complici della realtà che sto per raccontarvi.
Matteo Bellome è un comasco di ventitré anni con un passato da chef in giro per l’Europa, tra Svezia e Inghilterra, che ha poi deciso di stabilirsi a Bra, dove frequenta l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche. Sua deformazione professionale è la passione per buon cibo e buon vino; mi racconta che una delle sue attività preferite è la pesca, che pratica da amatore sul lago di Pusiano, nel tempo libero.

Da tempo Matteo sentiva la necessità di frequentare uno spazio che fosse un punto di riferimento per i giovani e insoddisfatto dalla vita mondana della sua città ha deciso di mettersi in gioco e creare qualcosa di nuovo, di alternativo, in prima persona. Ha così proposto al padre Filippo di aiutarlo a realizzare questo progetto: almeno all’inizio, sarebbe stato semplicemente un luogo in cui poter stare tra amici, con musica e street art a fare da protagonisti.
Oggi l’associazione si occupa di eventi di live music, live painting, serate a base di swing e jazz, laboratori per tutte le età, editoria indipendente e brunch culturali, in una continua contaminazione di diverse realtà sparse sul territorio. La programmazione si è ampliata gradualmente con percorsi enogastronomici, degustazioni di birra o vino, vendita di vestiti vintage e l’intenzione è quella di mettere altra carne al fuoco man mano che aumenteranno gli associati. Matteo ci tiene a precisare che ciò che fanno non vuole essere affatto politico in senso stretto, ma basato principalmente sulla bellezza dello stare insieme e sul dialogo aperto, nel tentativo di sfatare il luogo comune che dipinge Como come una città noiosa e boriosa.

Raggiunto da Filippo, padre di Matteo, storico parrucchiere di Como e colonna portante del Terzo Spazio, mi sono voluto addentrare nella scoperta della storia del luogo in cui mi trovo. Inizialmente mi racconta dell’impressione che si ha dello spazio, che in certi aspetti somiglia a un’officina – somiglianza frutto di un richiamo all’originaria funzione di “ospedale di automobili” – che accoglie gli ospiti in un ampio locale open space con soppalco, circondato da salette più piccole convergenti: una sorta di labirinto in miniatura, dove tutto è collegato. “Il Mago”, un amico di famiglia che ha contribuito all’arredo, ha dipinto il pavimento per simulare macchie d’olio del passato. Inoltre, superato il primo colpo d’occhio che lascia piacevolmente sbalorditi, ci si accorge che in questo immenso e immersivo spazio dall’aria moderna e new age sono presenti anche molti autentici elementi da un’altra epoca: poltrone anni Cinquanta, un grande tavolo da falegname, un paio di bianche “Vespette Special”; sono oggetti di un tempo romantico ormai tramontato, che si ricorda con dolce nostalgia. L’arredamento è frutto della passione di Filippo per il vintage: il suo fiore all’occhiello è il bellissimo bancone in legno che fa da contraltare a una serie di spillatori di birra in rame; birra che è un altro grande amore di Filippo, proprietario di un micro-birrificio della zona. L’atmosfera mette in evidenza la connessione storica con quello che è stato: un ambiente dove si smontavano e rimontavano macchine, dove il sudore della fronte si mescolava all’olio motore, alla meccanica, con cui ci si sporcava davvero le mani. Qualcosa di simile avviene anche oggi grazie a Matteo, il padre, la madre e anche lo zio, che si immergono negli eventi organizzati, diventando collaboratori delle attività che svolgono e coprotagonisti degli ospiti che invitano, facendo proprie le loro passioni.

Ciò che si fa oggi al Terzo Spazio è la perfetta sintesi di quello che ha rappresentato questo posto negli anni, attraverso eclettismo e trasformazioni continue. Il significato di “terzo spazio”, mi dice Filippo, è quello di luogo alternativo, il third space statunitense, che non è lo spazio familiare di casa e non è il posto di lavoro in cui sei confinato tutti i giorni; è una terza via, la via degli hobby, delle passioni e, appunto, una terza “casa” ideale in cui puoi trovare ciò che cerchi, a seconda di ciò che vuoi. Nella loro visione questo luogo dovrebbe essere per tutti, perché tutti dovrebbero poter coltivare il proprio terzo spazio. Nella pratica questo si traduce nella partecipazione alla programmazione delle attività non solo dei membri della famiglia, ma anche dei soci più affezionati e via via di quelli che si affezioneranno. Il Terzo Spazio oggi può essere considerato la sintesi delle passioni della famiglia di Matteo, in futuro potrà essere lo stesso per chi vorrà.

Oltre che con La Beula, che qui ha portato un evento multiforme di editoria, fotografia e musica, intitolato Indipendenti, il Terzo Spazio ha già avuto modo di collaborare anche con il collettivo A.live, che si occupa di Vinyl DJ set e organizza eventi di live painting, e con molte altre eterogenee realtà del territorio comasco.
Ho avuto il piacere di assistere alla realizzazione di diversi eventi al Terzo Spazio e ho potuto osservare di persona quanto per loro sia importante lavorare a stretto contatto con i vari collaboratori. Ho constatato che tutta la famiglia di Matteo si è resa disponibile per ogni necessità: dai consigli pratici sull’utilizzo dei locali allo sfruttamento delle proprie conoscenze per mettere in contatto diverse realtà (culinarie, musicali o editoriali che siano), dalla possibilità di modificare l’arredamento spostando divani e poltrone alla costruzione di palchi per le band e di aree relax per brunch culturali o degustazioni.

Questa intervista, culminata con la mia collaborazione allo scarico di un furgone pieno di materiale per la serata precedente, mi ha fatto riflettere su quanto in questa contemporaneità sempre più individualistica e frenetica – iper-connessa e disconnessa – avere la possibilità di prendersi il proprio tempo per guardarsi in faccia e appassionarsi attraverso la conoscenza reciproca, ci porti di nuovo a contatto con le parti più belle di noi stessi. Accogliere e condividere le nostre particolarità, trovare piacere nel confronto cercando di far emergere qualcosa di bello e vero, è di fondamentale importanza.
Quello del Terzo Spazio è, in ultimo, un tentativo di stimolare e valorizzare la creatività e la creazione di una collettività, che faccia vivere la città di Como. Per dirla con Cesare Pavese: «un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti».

di Daniele Molteni
Ritratti di Riccardo Pontiggia

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Laureato in Scienze Internazionali e Istituzioni Europee e in Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Milano. Dal 2018 scrive per La Beula, e in passato lo ha fatto per alcune ONLUS specializzate in diritti umani e politica internazionale. Appassionato di cinema e libri, saggistica e reportage in particolare, Daniele Molteni nasce a Erba nel 1994 e da allora ha vissuto tra Albavilla e Alzate Brianza, sempre in provincia di Como. In un altro spazio-tempo è globe-trotter, agente dei servizi segreti e cantante.
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