Libreria di via Volta

Di vetro e di carta

La puntualità non è il mio forte. È un difetto orrendo e molto fastidioso, me ne rendo conto, ma alle volte dare poca retta all’orologio ripaga. È il caso del mio appuntamento con le ragazze della libreria di via Volta: i trenta minuti di ritardo, infatti, mi hanno permesso di varcare le soglie di questo posto fatto di vetro e scaffali durante la visita di una bibliotecaria, dandomi occasione di scoprire un’iniziativa di cui non conoscevo l’esistenza e che mi ha piacevolmente sorpresa. Come mi spiega Anna, la proprietaria – dopo avermi perdonato il terribile ritardo – nel giugno del 2020 un decreto ministeriale firmato da Franceschini ha stanziato parecchi contributi per le biblioteche civiche che, grazie a questo provvedimento, possono appoggiarsi alle librerie del territorio per acquistare titoli che mancano tra le mensole comunali. Ecco il motivo della presenza di questa piccola donna che corre su e giù e che rovista fra i tavoli che occupano gli spazi della libreria, lasciando parecchi buchi tra le pile di libri. Anna e Katia assecondano la mia intuizione e mi confermano che è un’iniziativa positiva – nonostante gli scaffali si svuotino più velocemente del normale – sia per la rendita della libreria, sia per la possibilità di farsi conoscere dalle biblioteche della zona che, curiosando tra chi vi partecipa, scoprono la libreria di via Volta.

Scoperta. Il termine ritorna più volte nella mia chiacchierata con Anna e Katia. È il concetto su cui sembrano puntare di più, a cui sono più affezionate, complici le innumerevoli attività e iniziative intorno a cui ruota la loro idea di libreria e di comunità di lettorə. Ma facciamo un passo per volta.

La madre di questa casetta avvolta dal verde nel cuore di Erba è Anna: è lei a spiegarmi che, prima che decidesse di mollare il suo lavoro di traduttrice, la libreria di via Volta non esisteva. Quello spazio, infatti, era occupato da una casetta satellite della villa vicina, all’interno della quale veniva stipato il carbone. Per questo parlo di maternità: Anna e il marito, vincendo il premio di architettura Magistri Cumacini, hanno deciso di dare nuova vita alla struttura, e di creare un perfetto connubio tra vetro e carta. Non stento a credere che vi siano clienti della libreria di via Volta che si sono avvicinatə proprio per il fascino esercitato da questo magnifico posto, che dalla forma ricorda  una casa, di cui Anna è padrona.
È lei a sorvolare volutamente sul lato romantico della faccenda – lasciare il lavoro di una vita per seguire una passione – ma non si rende conto che mi restituisce proprio quello che voleva evitare: la libreria, mi dice, nasce dalla volontà di cambiare vita, rimanendo sempre con un piede nell’ambito del mondo del libro ma perlustrandone una dinamica diversa, fatta di contatti e relazione che, purtroppo, davanti a una scrivania manca quasi sempre. Il suo desiderio era quello di offrire un centro che diventasse attraente per la realtà di Erba, con alcuni imperativi da rispettare: «che fosse un bello spazio, che fosse invitante e che fosse un contenitore di cultura, ma anche di leggerezza».
Nonostante il fascino che può portarsi dietro, infatti, Anna non voleva una libreria antica e polverosa, ma qualcosa che la differenziasse immediatamente all’occhio di chi la visitasse: per questo, si è voluto sottolineare il cambiamento fin dalle vetrine dell’inaugurazione, che sono state riempite con soli libri di piccole case editrici, per lanciare il segnale che quella non era una libreria che si definirebbe “commerciale”. Non si scambi questa presa di posizione come uno smacco nei confronti delle grandi catene editoriali: non si tratta di evitare di mettere nei propri cataloghi Feltrinelli o Einaudi, avere una libreria indipendente significa leggere e documentarsi costantemente, conoscere progetto editoriale per progetto editoriale, libro per libro e compiere delle vere e proprie scelte aziendali. Ma non è tutto: una volta che si ha bene in mente la qualità e i punti di forza della propria merce, bisogna essere in grado di “convincere” l’acquirente della libreria – che per forza di cose non può avere lo stesso tipo di conoscenza di certe dinamiche rispetto a chi le vive dal didentro – e guadagnarsi la sua fiducia, con la speranza che si affezioni alla casa editrice da poco scoperta.

Ecco che torna il termine scoperta: quando si decide di investire su una realtà indipendente, i cataloghi sono funzionali fino a un certo punto; per il resto, si tratta di fare moltissima ricerca, di scovare e soprattutto di decifrare quale linea e quale messaggio si nasconde dietro a ogni casa editrice, per poi orientarsi nella scelta. Per questa ragione, quando Anna apre la libreria ormai ventuno anni fa, i libri da lei prescelti sono posizionati sdraiati sulle poche superfici presenti, per un totale di quattro libri sdraiati e quattro in piedi per ogni scaffale: un inizio faticoso, sicuramente difficile, che ha richiesto anche dei compromessi verso un’offerta di più ampio respiro, ma con la costante convinzione di non volersi snaturare.
Oggi, infatti, nella libreria di via Volta, oltre a essere aumentate le mensole, sono quantomeno raddoppiati anche i titoli che vi sono poggiati. E non solo libri: con il mantra di non creare una libreria polverosa sempre in mente, Anna ha continuamente cercato di usare la sua vetrina – o meglio, quella della libreria – per sponsorizzare altre realtà creative. La base di partenza è un interesse sentito nei confronti dell’iniziativa o dell’associazione con cui la libreria entra a contatto: è questo il caso di CouLture Migrante, la collaborazione con la quale è iniziata con la distribuzione delle mascherine da loro cucite, per passare poi agli abiti durante il periodo estivo; oppure è il caso della vendita delle mele dell’AISM, per fare un altro esempio. La volontà, mi spiega Anna, è da una parte quella di essere presenti sul territorio a trecentosessanta gradi, anche a prescindere dal libro, e dall’altra di offrire alla clientela un’alternativa che in termini di shopping esuli dal loro prodotto principale.
È Katia, la collaboratrice di Anna, ad aggiungere poi che l’apertura della libreria verso l’esterno – una cosa che non darei assolutamente per scontata – ha fatto sì che molte persone si proponessero di apportare il proprio contributo a questa realtà in continuo divenire: è quanto successo per il corso di giapponese organizzato dalla libreria di via Volta, talmente richiesto da non poter assicurare una sedia a chiunque la desiderasse; o per il corso di storia, iniziato nel 2015 in occasione del centenario dell’ingresso dell’Italia nel primo conflitto mondiale e che ha trascinato quasi un centinaio di presenze in libreria – un dato che, se conoscete la sua planimetria, vi lascerà increduli. Il corso di storia infatti, come mi raccontano Anna e Katia, è stato un vero e proprio trionfo, tanto da riprendere anche di recente in collaborazione con la biblioteca di Merone. Secondo le due libraie, il successo è stato tale perché sono riuscite a rispondere a una esigenza culturale sentita della popolazione del territorio erbese e seguendo ancora una volta il loro sesto senso, oggi hanno in mente di continuare con un altro ciclo di incontri, questa volta dedicato alle imprese editoriali: l’idea era quella di chiacchierare con una ventina di piccole/non tanto piccole case editrici, come SUR, Iperborea, Nottetempo, Keller o NN editore – di cui le due si sono innamorate dopo aver letto Kent Haruf – così da svelare al pubblico cosa sta dietro alla loro attività e agli oggetti che vendono tutti i giorni.

Gli incontri, come sarà chiaro a questo punto, sono decisamente la linfa vitale di questo luogo, e lo si intuisce da come me ne parlano Anna e Katia, quasi con un velo di malinconia. Già, perché in questo senso il Covid ha obbligato la libreria a privarsi della sua caratteristica più forte e distinguibile, che solo adesso è in timida ripresa. L’origine dell’idea degli incontri e il motivo per cui Anna e Katia ci tengono così tanto sta proprio nella possibilità di offrire qualcosa di ulteriore rispetto alla vendita di un libro; è anche un pretesto per avvicinare un tipo di pubblico diverso da quello abituale della libreria, per questo la proposta cerca di essere sempre differenziata. Corsi per l’infanzia, corsi di maglia, di storia, presentazioni di libri d’alpinismo, cucina, cultura: c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Il filo conduttore di ogni incontro è una proposta di non-fiction, così da catturare più facilmente l’attenzione di chi, in potenza, è interessatə a un argomento, senza la necessità di aver letto il libro in questione. Gli incontri seguono un tema – per esempio il cammino, il benessere alimentare (in collaborazione con la vicina pasticceria Sartori) o ancora la genitorialità – e si propongono come dei grandi contenitori, in modo da trainarsi l’uno con l’altro: questo permette di fidelizzare chi partecipa, che potrà decidere di continuare a frequentare nelle occasioni successive, magari portando con sé persone interessate. È per questo che, dei tre o quattro appuntamenti che seguono lo stesso fil rouge, l’ultimo è solitamente il più partecipato.
Un’altra iniziativa tutta viavoltiana è la serata Incipit: invece di far presentare il romanzo all’autorə, ci pensano Katia e Anna a proporre in tre minuti quattro libri a testa al pubblico, trasportando il proverbiale consiglio che di solito si dà all’interno delle porte della libreria in un altro contesto, con più persone all’ascolto e possibilmente all’aria aperta. L’iniziativa è così bella e così vicina ai sogni più reconditi di qualsiasi libraiə, che alle serate hanno collaborato anche altre realtà indipendenti del territorio, quali Libri al Sette e la Libreria Torriani di Canzo.

Tutto questo, ovviamente, fino a febbraio 2020.

Ma non temete: la pandemia ha portato con sé anche una certa spinta alla sopravvivenza, facendo tirare fuori ad Anna e a Katia tutta la grinta di cui sono provviste, proprio in quei giorni concitati di inizio emergenza che mi raccontano con una precisione sorprendente. Il 3 marzo 2020, dopo aver lavorato la mattina in libreria, decidono di iniziare le consegne a casa, ma già dal giorno seguente, con il panico crescente, si vedono costrette a chiudere tutte le attività, delivery compreso. Fino a fine marzo prendono la difficile decisione di non agire in alcun modo: d’altronde, se l’ordine era di restare a casa, sembrava non aver senso uscire e rischiare la propria salute e quella altrui, contro le indicazioni governative, mi dice Katia.
Ma è a partire dal 25 marzo che i due vulcani – come si definiscono loro stesse – iniziano a organizzarsi, per poi mandare la comunicazione attraverso i canali social: ci sarebbe stato un drop point al giornalaio di Erba, dove avrebbero portato i pacchi con gli ordini da ritirare. Successivamente, hanno deciso di affidare le loro spedizioni al prezioso servizio della protezione civile che, dovendo già consegnare i pacchi alimentari, riforniva anche di viveri per la mente, appoggiandosi alla biblioteca di Erba. Nel frattempo, Katia copriva l’area di Albese – dove vive – e Anna invece girava nelle altre zone, fin dove possibile. Così facendo, le due librarie si sono ritrovate a lavorare a tempo pieno anche durante le fasi acute dell’emergenza Covid, partendo dalla consulenza telefonica e via WhatsApp – in cui ripercorrevano i titoli della libreria a memoria, sottolineano, in quanto sprovviste di una vera e propria banca dati – per poi dedicarsi ai vari metodi di consegna appena menzionati.
Questo fino a che le librerie non hanno potuto riaprire, passando a essere considerate fra i servizi di prima necessità: ecco che quindi hanno iniziato a rifarsi al progetto #LibridaAsporto di NW, i primi a mettere in rete le librerie indipendenti e a fornire loro il servizio di spedizione con corriere a prezzo agevolato. La società di marketing e consulenza editoriale permette anche di selezionare un libro direttamente in libreria e spedirlo a un’altra libreria indipendente in tutte le province d’Italia: una catena realizzata ad hoc, che fornisce ampia possibilità di personalizzare gli ordini. Con l’utilizzo di questo servizio – che funziona tutt’ora – i consigli personalizzati e in differita su Facebook, oltre ai suggerimenti di lettura, il lavoro della libreria di via Volta è incrementato tantissimo, ma non solo: molte persone, che l’hanno scoperta proprio durante la pandemia, sono oggi clienti abituali.

Va da sé che con un’attività così frenetica e con tante iniziative e proposte, è difficile gestire dei profili social che siano effettivamente funzionali e proficui. Ma, come sottolinea Katia, è la loro stessa clientela a chiedere altro e a non essere strettamente legata all’immagine della book influencer che acchiappa fruitorə da cacciare in libreria a comprare con poca cognizione di causa. Crescere “troppo” significa diventare forzatamente più impersonali, e sarebbe un atto quantomeno irrispettoso verso gli intenti e gli ideali che sottendono l’intera missione della libreria di via Volta. Fa tutto parte del gioco: puntare tanto sull’aspetto umano e relazionale della libreria può significare perdere almeno una parte di chi invece bazzica sui social – e questo forse è proprio uno dei motivi per cui Katia lamenta una mancanza di giovani in libreria.

Il credo di Anna e Katia sta tutto nell’avvicinare e incuriosire vis-à-vis, senza mediazioni di alcun tipo – se non quella di un microfono. Ciò che è imprescindibile per le libraie di Erba è l’empatia con le persone, mai facile e scontata ma che ridà indietro tantissimo, così come l’essere sempre in continua evoluzione, con le orecchie tese a recepire il cambiamento. Anche la libreria continua a cambiare: cambiano scaffali e interessi, motivo per cui è importante stare all’erta e captare le richieste e le esigenze del territorio e del mercato: è questo il caso di tematiche come il pensiero femminista, che ad oggi ha un intero scaffale dedicato, essendo sempre più presente e in crescita anche nel discorso mainstream; altri, invece, sono più scarichi, in attesa di quello che porterà il futuro. Per un’attività del genere, scoprire e tentare sono costanti e richiedono inevitabilmente tanta caparbietà e testardaggine, qualità che, fortunatamente, sono proprio quelle attraverso cui si descrivono Anna e Katia.

di Giorgia Levy
Foto di Francesca Notaro

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Giorgia Levy è una studentessa di Editoria, culture della comunicazione e della moda all’Università degli studi di Milano, laureata in Lettere moderne con una tesi incentrata sull’analisi delle presenze dantesche in alcuni passi selezionati del Decameron. Classe 1996, è nata e vive su quella splendida cartolina che è il lago di Como. Dopo aver portato innumerevoli caffè e servito molti pranzi, ha trovato la sua strada assaggiando il mestiere della libraia. In attesa di tempi migliori, si diletta nella stesura di piccole recensioni che possano far avvicinare chi vi incappa a quella che è la sua più grande passione: la lettura. In un'altra vita non copierà più tutte le verifiche di matematica del liceo e diventerà ingegnere aerospaziale.
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