Fisionomie Lariane

Ho conosciuto Fisionomie Lariane grazie a un post su Instagram ormai più di un anno fa. Blocchi di cemento e vetro incastrati l’uno nell’altro, in una composizione che si estendeva oltre i confini dell’immagine: erano le forme aspre e grigie di uno dei pochi esempi di architettura brutalista nella mia città. Un edificio che conoscevo molto bene, ma che non avevo mai guardato così.

Sarà per il fascino di quell’immagine e delle decine di altri scatti, tutti dedicati al territorio lariano, o sarà per l’emozione di riconoscere tra le migliaia di foto di Instagram qualcosa di tanto familiare ritratto come fosse prezioso, che mi sono trovata a ritornare su quel profilo tante volte che non le posso contare e che il loro progetto l’ho mostrato proprio a tutti. È naturale, quindi, che ora stia a raccontarne la storia, una storia che passa attraverso quattro parole: water, traces, settlements, activities (acque, tracce, insediamenti, attività).

Pietra pendula, foto di Giovanna Silva
Pietra pendula, disegno di Andrea Tregnago

I curatori di Fisionomie Lariane sono Stefano Larotonda e Niccolò Nessi. Li incontro dopo averli contattati proprio tramite quell’account tanto consumato. L’appuntamento è alle 21:30 davanti agli uffici dell’Ordine degli Architetti di Como. Io, che non arrivo quasi mai puntuale, questa volta sono terribilmente in anticipo e li aspetto mentre tornano dal lavoro. La sede dell’Ordine è al piano terra del Novocomum progettato da Terragni, il “transatlantico”. La storia e le forme di questo edificio le ho studiate così tante volte, prima alle medie, poi alle superiori, poi all’università, che l’entrarci non mi rende per niente tranquilla, soprattutto di sera, quando tutti gli altri capolavori dormono. Mi sembra di non essere abbastanza preparata, come se mi aspettassi di essere interrogata appena varcata la soglia. Quando finalmente si apre il portone mi rendo conto di entrare con l’andatura solenne di un turista in un luogo sacro.

Cerco di dissimulare ma sono sicura che Niccolò, che mi saluta e subito mi accompagna al muro di cartoline – l’installazione permanente legata a Fisionomie Lariane – se n’è accorto. La serietà dell’atmosfera degli uffici vuoti dell’Ordine, però, è subito stemperata dalla gentilezza di Niccolò che mi porge la pubblicazione del loro progetto, un’edizione che raccoglie tutte le fotografie e i disegni dei luoghi selezionati da Fisionomie Lariane dal 2014 ad oggi, un libro stampato in poche copie che custodisco con gelosia. Quando ci raggiunge anche Stefano, la storia può incominciare.

Piscina Sinigaglia, foto di Isabella Sassi Farias
Lago di Pusiano, foto di Giovanna Silva

All’origine vi è Expo 2015, l’occasione imperdibile per presentare un’immagine curata e aggiornata dell’area lariana. Como e i suoi dintorni sono conosciuti per i loro capisaldi: il turismo del lago e l’architettura razionalista. Fra di loro il vuoto. Era chiaro allora che servisse un’idea per darne una narrazione più particolareggiata, uno sguardo consapevole, attuale, che non si concentrasse solo su una storia da cui spesso è difficile emergere. Un racconto che fosse in grado di restituire un territorio nella sua complessità e alterritorio una mappatura originale dei suoi luoghi più distintivi.

Fisionomie Lariane si presenta quindi come un archivio di fotografie e disegni del patrimonio architettonico e paesaggistico locale. La prima cosa che imparo sul progetto, però, è che sebbene la fotografia sia l’elemento di spicco, il mezzo più immediato attraverso cui entrare in contatto con questi luoghi, non si tratta di una narrazione puramente visiva. Attorno a questa, o meglio, prima di questa, vi sono un’indagine, una riflessione e un racconto che compiono un “giro lungo”. Trasversale è la parola che usano i suoi curatori: il progetto non nasconde il suo amore per le forme, parte anzi proprio da quello sguardo da lontano che è tipico dell’architettura, ma mette in atto un pensiero interdisciplinare. Percorre trasversalmente il territorio interpretandolo come un insieme di segni, ricercando casi chiave all’interno di epoche e tipologie progettuali differenti, guardandolo con le lenti dell’urbanistica, dell’architettura, ma anche della filosofia, dell’arte e della storia. Ne risulta una rappresentazione suggestiva che va oltre la tassonomia di un paesaggio, comprende l’uomo e le sue pratiche, le sue tracce e le sue attività, che trasformano lo spazio in luoghi.

Chilometro della conoscenza, foto di Walter Mair
Chilometro della conoscenza, disegno di Andrea Tregnago

Nel suo essere archivio, Fisionomie Lariane non si immagina di catalogare l’esistente. Al contrario, e lo si capisce man mano che ci si addentra nella sua collezione di paesaggi naturali e artificiali, il ritratto che crea è solo uno dei tanti possibili, lontano dal voler essere finito e oggettivo, frutto di un processo che pone al centro la scelta: quella dei curatori che selezionano e costruiscono un itinerario, quella dei fotografi a cui è affidata la rappresentazione dei luoghi, quella dei grafici che ne sintetizzano le forme e l’ultima di chi, come me, come voi, attinge a questa raccolta e ne accoglie gli spunti, approfondendoli poi a proprio modo.

Il progetto accompagna quindi verso la (ri)scoperta di città e dintorni, proponendo sia attrazioni più conosciute, dalla Como del razionalismo alle rinomate ville sul lago, sia quelle apparentemente meno emblematiche, come piccoli borghi e nuclei abitativi collocati in provincia. Una guida curata nelle mani dei turisti, una traccia di riconoscimento e reinterpretazione per i cittadini comaschi, uno strumento di approfondimento per studiosi e addetti ai lavori.

Ogni luogo selezionato (nella pubblicazione ne conto trentacinque) è un tassello chiave per comporre quattro percorsi di scoperta: l’acqua, matrice del territorio lariano che da sempre ne determina le trasformazioni e l’identità; le tracce, ovvero i segni che si generano dall’incontro tra l’uomo e lo spazio naturale disegnandone una biografia visibile; gli insediamenti, dai borghi ai quartieri operai, fino alle utopie abitative, che permettono di comprendere la relazione tra la vita e la sua geografia e, infine, le attività che vi si radicano e ne raccontano il carattere.

Asilo Sant’Elia, foto di Isabella Sassi Farias
Mercato coperto di Como, foto di Isabella Sassi Farias

Il potenziale di una simile raccolta di immagini d’autore e di contributi di storici dell’architettura e dell’arte comaschi come Fabio Cani, che ha permesso un livello di approfondimento e di cura indispensabile per il valore del progetto, fa in modo che da Fisionomie Lariane si diramino infinte possibilità di rappresentazione del territorio: a partire dalla creazione di pubblicazioni (a Expo si trattava di piccole edizioni dedicate a ogni singola categoria, mentre oggi ne esiste una che raccoglie una selezione di casi di studio trasversale) fino ad arrivare alle mostre e agli eventi in collaborazione con altre realtà e iniziative, per cui Fisionomie Lariane può diventare punto di partenza per la costruzione di tour tematici guidati – come quello organizzato nel 2019 alla scoperta del patrimonio belle époque e liberty di Brunate.

Se è chiaro che la forza di questo progetto risiede nell’accostamento dei casi selezionati secondo categorie non scontate, secondo una prossimità che non risulta né spaziale né storica, è solo indagando il modo in cui l’archivio si è composto nel tempo che davvero capisco che l’innovazione sta nella scelta e nella rappresentazione di ogni singolo luogo, da cui emerge una voglia di scardinare alcune tra le più trite convenzioni sul “bello”, sul “decoroso” e sul “rilevante” per la storia del territorio lariano, a favore di una ricerca che si concentra sul significato. Il taglio estetico degli autori delle fotografie si fonde, infatti, con la volontà di cogliere il ruolo che le identità di alcuni di questi spazi giocano nel racconto di un’area geografica, ma soprattutto la spinta a rappresentare il reale e l’esistente, una visione senza veli dello stato dei luoghi e del modo in cui essi sono, o sono stati, vissuti.

Una scelta che si potrebbe dire coraggiosa, per portare alla luce il volto della Como di oggi, e che rende spontaneo chiedersi se Fisionomie Lariane non possa anche rappresentare un’occasione di denuncia, di richiesta di attenzione verso una ricchezza architettonica e paesaggistica che spesso giace, esposta all’agire del tempo senza che vi si rivolgano le cure adeguate. Ma non vi è, alla base del progetto, una volontà di critica. Resiste semmai una spinta condivisa a voler «accendere delle lampadine» sulla situazione di alcuni luoghi, inserendoli in un racconto più ampio, regalando degli spunti per guardarli con più consapevolezza: come è stato con il museo del merletto di Cantù, ovvero l’ex chiesa di Sant’Ambrogio che dopo il restauro nel 1999 da parte dell’architetto Dezzi Bardeschi – progetto a cui Stefano e Niccolò sono molto affezionati – non era mai stata usata e che ora ha cominciato a rivivere.

Ciò che questo progetto sta già riuscendo a fare, comunque, è di ricordarci dell’esistenza di un patrimonio architettonico moderno e contemporaneo nella nostra provincia che non siamo stati abituati a riconoscere. È il caso di un’indagine che Stefano e Niccolò stanno portando avanti proprio mentre scrivo, un approfondimento sull’operato a Como e provincia degli architetti milanesi Asnago e Vender, il cui lavoro è stato ultimamente altamente considerato, ma il cui ricordo, come spesso accade, è legato alla sola città di Milano.

Fisionomie Lariane, insieme all’Ordine degli Architetti di Como che lo promuove, vuole quindi essere un biglietto da visita, un invito alla scoperta che si serve del potere comunicativo dell’immagine e che passa anche attraverso piccole azioni simboliche, come il regalo di una semplice cartolina con fotografia d’autore a chiunque, come ho fatto io, si presenti alle porte di viale Sinigaglia 1, varchi la soglia del “transatlantico” di cinque piani che è sede dell’installazione permanente di Fisionomie e chieda che gli sia indicato cosa c’è da vedere da queste parti.

Cappella dedicata al Redentore, foto di Marco Cappelletti

di Giulia Guanella
fotografie di Giovanna Silva, Isabella Sassi Farias, Marco Cappelletti, Sara Ruggeri, Walter Mair. Dall’archivio di Fisionomie Lariane, un progetto della Commissione Cultura Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Como

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Laureatasi in design a Milano e specializzatasi in pratiche curatoriali a Venezia, collabora con diversi spazi e realtà culturali non-profit in Italia e all'estero. Dalla fine del 2018 si unisce a La Beula contribuendo a formarne l’identità ed è ora curatrice del progetto editoriale. Folle accumulatrice di libri e appassionata di illustrazione, nel 2020 sfrutta l'immobilità della Pandemia per tornare sui banchi iscrivendosi alla Magistrale in Antropologia Culturale dell'Università di Torino, che frequenta comodamente dal divano di casa nella piccola Albese con Cassano (provincia di Como), dove vive fin dalla nascita nel 1995. In un'altra vita alchimista, biologa, e pianista.
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